Mosaico da Cavalletto – Un’arte Prêt à porter
28 Dicembre 2023
Se l’arte musiva parietale attraversa tutti i secoli della storia con grandiose opere decorative, nel corso del Novecento si affermano i ‘mosaici da cavalletto’, di piccole dimensioni, realizzati dai più importanti artisti degli ultimi decenni. Oggi questo tipo di mosaici ha ispirato anche Ugo Nespolo con Vivere il mondo.
In questi ultimi decenni si è consolidata la riscoperta del mosaico come mezzo espressivo da parte non solo di artisti, ma di tanti creativi in genere. Il mosaico è utilizzato nell’arte come nel design, nell’architettura, in interventi di public art, integrando aspetti provenienti dalla tradizione e materiali innovativi e sperimentali. Si tratta certamente di nuova attenzione per un linguaggio che affonda le sue radici in un antichissimo passato, arrivato fino a noi grazie alla capacità di questa tecnica di resistere ai mutamenti nel tempo.
Nel Novecento si deve soprattutto a Gino Severini il rinnovato interesse per il recupero dell’antica tecnica. Negli anni Trenta Severini si fa promotore della grande decorazione musiva inserita nelle opere architettoniche del periodo fascista. L’arte murale viene definita nuova, alta e solenne, fondamentale strumento di educazione delle masse, in contrapposizione all’arte da cavalletto, intimista e individualista. Alla V Triennale di Milano del 1933 si tiene la prima grande manifestazione di pittura murale pubblica: Severini realizza un mosaico, Le arti, tutt’ora in situ, inscritto in un affresco di Giorgio De Chirico andato perduto. È solo il primo dei molti cicli musivi murali che andranno a decorare le architetture razionaliste nel Foro Italico di Roma, nel Palazzo di Giustizia di Milano, nel Palazzo delle Poste di Alessandria, nella Casa Madre di Mutilati di guerra sempre a Roma.
Severini, però, a partire dagli anni Cinquanta, torna a comporre opere di piccolo formato, mosaici da cavalletto, opere musive delle dimensioni di quadri, e che dei quadri avevano la funzione, considerando il mosaico un linguaggio adeguato a interpretare la modernità per la sua tendenza alla semplificazione e stilizzazione del soggetto assai vicino all’arte astratta.
Le ragioni del suo interesse per questa antica tecnica verranno riprese e sviluppate in varie sedi nel corso della sua attività di teorico e docente. In estrema sintesi Severini vuole recuperare la cultura originaria del mosaico, un’arte a servizio del sublime, fatta di una materia ricca e luminosa che permette nuove concezioni di forma e spazio bidimensionali adatte a rappresentare le nuove esigenze degli artisti moderni. Con la Mostra di Mosaici Moderni, curata nel 1959 da Giulio Carlo Argan e Palma Bucarelli si consolida la collaborazione tra artisti contemporanei e mosaicisti. Vengono coinvolti artisti fondamentali nel panorama del dopoguerra perché forniscano cartoni di opere pensate per essere realizzate a mosaico, un connubio fra arte della pittura e arte del mosaico in cui vengano rispettate le peculiarità di quest’ultima. Campigli, Saetti e Gentilini, Capogrossi e Cagli nell’orbita della Scuola Romana, Mirko con il suo arcaismo antiaccademico, Mauro Reggiani appartenente all’astrattismo del Movimento arte concreta, Mario Deluigi, Birolli, Guttuso e Cassinari, già fra i maggiori protagonisti di Corrente; fra gli artisti stranieri: Rolf Sandquist, Marc Chagall, e Georges Mathieu che realizza personalmente il mosaico proiettando il Tachisme nella tecnica musiva. I cartoni dipinti da questi artisti furono realizzati dai mosaicisti ravennati, riuniti all’epoca sotto il nome di Gruppo Mosaicisti dell’Accademia di Ravenna e divennero il nucleo principale della collezione di Mosaici Moderni del Museo d’Arte della città di Ravenna. L’intento era di mettere la tecnica musiva al servizio dell’arte contemporanea sollecitando la stretta collaborazione tra artisti e artefici. Ne nasce un ambiente vivace pronto a cogliere i cambiamenti e negli anni Settanta si sviluppa una nuova fase di ricerca, il mosaico non è più realizzato solo con tessere ma si compone anche attraverso tecniche pittoriche e scultoree, con il frequente utilizzo di materiali originali ed eterogenei. In quest’ottica si inseriscono lavori di Valerio Adami, Michelangelo Antonioni, Balthus, Giosetta Fioroni, Piero Gilardi, Luigi Ontani, Mimmo Paladino e le sperimentazioni dei mosaicisti ravennati che si emancipano dal ruolo di meri esecutori. Il successo del mosaico fra i linguaggi che caratterizzano l’arte contemporanea si deve forse al suo essere un codice espressivo che esalta il potenziale del segno, semplificando il tema alla sua componente essenziale, iconica, sintetica e stilizzata. Il mosaico nel panorama contemporaneo non è più inteso come imitazione o traduzione della pittura ma come autonomo mezzo tecnico ed espressivo, come registro compositivo e spaziale capace di grande suggestione e di connotare totalmente un ambiente con i suoi fondi oro, la purezza della linea, i giochi cromatici e decorativi, la superficie frantumata. Si pensi a Vivere il mondo di Ugo Nespolo, dove il fondo oro pur evocando il senso mistico delle arti medioevali racchiude un mondo di simboli e icone del quotidiano. Il linguaggio d’avanguardia del maestro torinese ha imposto l’inserimento di alcune forme della contemporaneità all’interno della sfera cromatica blu di un tempo senza inizio né fine. Il telefono, la spina, la teiera, la lettera e gli altri simboli ricorrenti del mondo di Nespolo, secondo il principio di portare l’arte nella vita e la vita nell’arte, si stagliano con i loro materiali moderni e brillanti all’interno del flusso ininterrotto e magmatico della nebulosa sferica del mondo che passa dai toni brillanti del celeste a quelli profondamente blu delle tessere in vetro di Murano. Nespolo ci racconta quanto sia preziosa la musica della vita, quanto la radice della contemporaneità attinga al patrimonio culturale del passato. Oro, mosaico in vetro e sagome in plexiglass trovano il loro equilibrio prezioso, dal quotidiano all’universale, dagli allegri oggetti di intimismo domestico all’immensità atemporale della musica, tutto si compone in un’opera di grande bellezza che resta inalterata nel tempo grazie all’intensità e alla brillantezza cromatica del colore. Il posto dove trovare la sintesi perfetta fra linguaggio di Nespolo e tecnica musiva è ancora una volta il laboratorio del Gruppo Mosaicisti di Ravenna guidato dal maestro Marco Santi. Luogo di scambio artistico e culturale dove l’artigianato si combina con l’arte e dove si respira tutta l’atmosfera della bottega artigianale del passato. Qui creatività, stile, intuizione, sensibilità e capacità tecnica sono messi al servizio degli artisti contemporanei avviando una continua sperimentazione e confronto con linguaggi e tecniche musive differenti, mantenendo viva ad un tempo la grande tradizione ravennate e la sua costante capacità di rinnovamento e sperimentazione.
VIVERE IL MONDO
Ugo Nespolo ha disegnato il cartone del mosaico realizzato per Treccani nel laboratorio del Gruppo Mosaicisti Ravenna diretto da Marco Santi. Perfetta sintesi tra estro creativo e manufatto artigianale, il mosaico da cavalletto è realizzato coniugando materiali della tradizione come le tessere in pasta vitrea tagliate a mano, le tessere in lamina metallica, la foglia d’oro, con elementi figurativi sagomati in plexiglass.
L’opera Vivere il mondo, del formato cm 60×60, ha una tiratura di 50 esemplari numerati in numeri arabi e 6 in numeri romani.
Ciascuna opera, firmata e numerata dal maestro, è accompagnata dal volume Nespolo pocket che raccoglie una breve antologia critica e il catalogo delle opere principali dell’artista.