Sandro Chia
Sandro Chia è nato a Firenze nel 1946 ed ha studiato all’Accademia di Belle Arti del capoluogo toscano. Per un periodo viaggia in India, in Turchia e in Europa, e una volta tornato in Italia, nel 1970, si stabilisce a Roma dove allestisce la sua prima mostra personale nel 1971. Qualche anno dopo aderisce alla Transavanguardia, il movimento fondato dal critico d’arte Achille Bonito Oliva di cui hanno fatto parte anche Mimmo Paladino, Nicola De Maria, Enzo Cucchi e Francesco Clemente. Questi artisti si distinguono per un ritorno all’arte figurativa dopo il lungo periodo dell’astrattismo, con l’utilizzo di colori molto accesi e d’impatto, stesi sulla tela con pennellate decise e pastose. Con il gruppo della Transavanguardia partecipa alla sezione “Aperto 80” della Biennale di Venezia del 1980, e nuovamente a quella del 1984 e 1989.
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Le prime opere di Chia sono ancora molto concettuali. Nel tempo a poco a poco le figure umane si appropriano di buona parte dello spazio della tela. Si tratta di personaggi ben delineati da contorni definiti con il colore nero e costituiti da volumi possenti, che cam- peggiano imponenti su sfondi vivaci che non hanno luogo e non hanno tempo, perpetrando la sensazione di trovarsi di fronte ad un sogno visionario. In particolare, si riconoscono in queste opere espliciti riferimenti ai contrasti tra l’antico e il contemporaneo, tra l’apollineo e il dionisiaco, tra la passione e la razionalità. Il personaggio che ricorre più frequentemente è il maschio-eroe, che simboleggia l’artista stesso in atteggiamento di ribellione e di affermazione di sé. Le opere diventano in questo modo per l’artista una sfida avventurosa il cui fine ultimo è trovare la propria libertà. Questo genere di eroe si ravvisa nelle opere come Padre e Figli che incedono sulla strada della vita solenni come figure di Cézanne. Nella prolifica produzione di Chia degli anni Novanta e Duemila, continuano ed essere presenti delle palesi citazioni del passato, in particolare Braque e Picasso. Ricorrono anche riferimenti al Futurismo, evidenti negli sfondi dinamici composti da blocchi di colori accesi che ricordano le opere di Umberto Boccioni e Fortunato Depero (Figura seduta).
Le opere degli anni Duemila proseguono la tendenza di presentare la figura ieratica e plastica a tutto campo, con una variazione riguardo le cromie che diventano meno contrastanti, bensì più sfumate e giocate sui toni del verde, dell’azzurro, del rosa e del bianco, mentre i contorni sono ben delineati da spesse linee nere. In questo stile è declinata l’opera Dino Campana, omaggio al ce- lebre poeta dei Canti orfici dove hanno tanto spazio le suggestioni visionarie e melodiche.
L’artista vive tutt’oggi tra Miami, Roma, e la Toscana, più precisamente nel Castello Romitorio di Montalcino. Lo Stato italiano ha acquisito tre sue opere che sono entrate a far parte della collezione permanente del Senato della Repubblica italiana. Molte sue opere sono nelle collezioni pubbliche e private.
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